martedì 15 dicembre 2009

insieme , ma a chi

Scappo di casa, dove da ventenni assaggio solo
sapore di muro. Non una confidenza, e la colpa è anche mia.
Cammino a testa bassa pesante per le sue colpe.
Passano le giornate come passare su di una grata che non lascia
spazio alle fantasie, sospesa nel vuoto. Un vuoto mentale, ma anche fisico che colpisce allo stomaco.
Mio fratello sono anni che lo vedo solo passare, così come vedo passare gli altri, mi sembrano tutti così presi, sicuri e confortati dalle loro relazioni ed attività, famiglie, lavoro, livedo parlare certi di quello che dicono come fosse una unica realtà per essere nel mondo.
Ora sono riscappato di casa, questa chiusura mia, e vedere il confronto con chi la testa se l'è mantenuta sana, non mi permetteva più di resistere al dolore. E allora l'unica trovare un rifugio lontano, in una comunità. Ed Eccomi , dopo vari adattamenti e cambiamente a muovermi anch'io, leggo, cammino, bado al mare e faccio sport. Parlo con le persone, dove basta una parola per sentirsi vicini. Ma tutto fuori dalla casa che mi ospita. In questa tutto è vanità eppure portato avanti perchè così è stato deciso. Gli utenti sono fermi, chi parcheggiati, chi impotenti per le loro debolezze su cui la società passa sopra. Gli educatori, l'apparato infermieristico smarca il cartellino, non ha da fare per tutto il giorno, e magari aspetta un motivo di vita da chi è malato. A parte Andrea, che interviene con la sua vivacità sui pazienti, ma guarda caso sono escluso dal suo giro. Allora, allontanatomi dall'affeto che potevo avere da casa, vivere diventa un lavoro (il mestiere di vivere "C.Pavese"). Ma ho te , o l'altro, una condivisione con quei pochi che sanno portare con coraggio, guardando negli occhi il prossimo, la propria intimità, la libertà interiore che ci da dignità e forza di vivere. Momento per momento la vita.

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